Stare in casa. E pensare come comunità il dopo: adesso è il tempo di curare, di capire, di costruire

sensodicomunitadi Saverio Pazzano* - Sto in casa, è giusto, è necessario, è il mio dovere di cittadino. Sto in casa come tutte le altre decine di migliaia di cittadini di Reggio, con pochi casi di irresponsabili che certo vanno stigmatizzati e sanzionati, ma non possono essere l'alibi per incrementare il panico e sfociare in un clima sociale da caccia all'untore. Dagli scienziati e dai tecnici -e non dalle fake news- dobbiamo ora trarre tutte le informazioni, le indicazioni e tutti i comportamenti da seguire con pieno rigore. La nostra temporanea rinuncia ad alcune libertà è il più importante segno di libertà che ciascuno di noi possa dare. La libertà di non nuocere all'altro, di contribuire alla causa collettiva della salute pubblica. È il nostro lavoro attuale e lo sarà probabilmente per un tempo che ci sembrerà infinito ma che infinito non è. Coraggio. Non sappiamo ancora quanto questa necessaria fase di contenimento sociale durerà, quello che sappiamo è che non ci fa più uguali ma più diseguali. Proprio questo è il momento nel quale comprendere le profonde diseguaglianze sociali che rendono questa quarantena un "problema di classe". Questo è lo spazio nel quale costruire, dalle macerie di un modello economico iniquo, una società giusta. Più che mai la città diventa lo spazio nel quale compiere questa rivoluzione. Siamo davanti alla sfida di riabitarla con contenuti vivi ed egualitari. È qui, in una nuova dimensione municipale, che giocheremo la partita di una società diversa, equa, aperta, plurale, ecologista e progressista.

Siamo tutti d'accordo che il virus si propaga facilmente e, in una percentuale per fortuna molto più ridotta, uccide soprattutto a seguito di comportamenti irresponsabili. Credo che il primo comportamento irresponsabile sia lo smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale e, a cascata, del servizio sanitario territoriale nel quasi più totale silenzio delle maggioranze e delle opposizioni politiche che si sono alternate nell'ultimo decennio. Lo stato di necessità era la spending review, ora che non possiamo più fare riferimento alle "cure migratorie" ci accorgiamo di quanto non serva "conoscere qualcuno", ma avere cure dignitose e averla per tutte le persone.

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La necessità di restare a casa e di non rischiare il contagio ci rende più vicini a tutte quelle persone già più cagionevoli, con sistemi immunitari più deboli. È necessario che, insieme a questo, allarghiamo lo sguardo. Ci sono -e fanno pienamente parte della nostra comunità, come e più di chi trascorre una quarantena sofferta ma dignitosamente accompagnata dai social, da Netflix e dalla Playstation- decine di senzatetto in città e centinaia di persone che, lavoranti in nero, sono oggi nella difficilissima condizione di non poter acquistare beni di prima necessità e decine di lavoratori e lavoratrici del nostro territorio che non percepiscono stipendio da più di quattro mesi e chissà quante donne e quanti nuclei familiari che vivono situazioni di violenza aggravate dalla attuale coabitazione coatta. Ci sono poi i paria tra chi lavora, coloro che devono portare avanti la carretta e lo fanno nella maggior parte dei casi senza adeguati dispositivi di protezione individuale, perché è sempre più chiaro che la questione di classe è viva ed è rappresentata da tutte quelle persone braccia della produzione, della distribuzione, dei servizi pubblici che rischiano di ammalarsi. Ci sono le centinaia di attività produttive che sono chiuse e che già operavano a stento in un contesto difficilissimo. Ci sono quartieri in cui i problemi di sempre diventano insormontabili per le persone che ci vivono.

La comprensione dell'importanza della salute pubblica deve invitarci a pretendere da adesso -e non solo per il temporaneo stato d'emergenza- più ospedali, più strumenti, più personale sanitario.

Dobbiamo vivere il momento su tre fronti di azione adesso: stare a casa, controllare rigorosamente, più posti letto. E pensare come comunità il dopo: adesso è il tempo di curare, di capire, di costruire.

*Docente e candidato a sindaco di Reggio Calabria per La Strada